venerdì 10 aprile 2009

La Zia Concetta:Una donna della Riviera

La zia Concetta

Quand’ero bambina, e per le strade circolavano poche macchine, la domenica si aveva l’abitudine di andare con zii e cuginetti dalla zia Concetta. I nostri conoscenti avevano cinquecento o seicento ma nella nostra famiglia c’era una millecento crema e verde oliva e una lancia flavia blu.
La zia Concetta abitava vicino al Tabacchino a Paradiso. La sua era una casa a pianterreno, umida e per nulla luminosa. Suo marito che era navigante, come molti uomini di questo borgo della riviera messinese, tornava a casa raramente. Da uno dei suoi viaggi, lo zio Domenico, nel 1926 portò in dono alla moglie che non gli aveva dato figli, un pappagallo parlante: Loreto Real. Il pappagallo fu per la zia Concetta proprio come un figlio, compagnia encomiabile per tanti e tanti anni. Loreto, che morì nel 1971, era una pappagallo verde con qualche piuma azzurra e bianca, molto bello e birichino. Era legato al trespolo con una lunga catena e quando era in casa giocava con giocattoli di legno di cui era anche molto geloso.
La zia Concetta aveva quattro sorelle. Maria che era andata a vivere in America avendo sposato un vedovo e ogni quattro o cinque anni ritornava a Messina avendo nostalgia dei parenti. Peppina, dopo il matrimonio, era andata a vivere a Genova e ad un certo punto non venne più dai parenti. Era una donna molto elegante e parlava con accento genovese. Nel 65 quando andammo a Genova a trovarla fece delle squisite troffie al pesto e la torta Pasqualina che mi consolarono della perdita delle mie scarpe a ballerina blue con le perline giacche una era stata inghiottita dalla scala mobile della Rinascente.
Nunzia, non aveva figli ma stava economicamente bene e possedeva una palazzina in via XXIV Maggio e una villetta a Montepiselli. . La sua casa era tenuta in ordine perfetto. Aveva i capelli sempre curati. Nella sala da pranzo con gli stessi angeli intarsiati della camera da letto c’era anche il pianoforte.
Domenica, detta Micia aveva avuto tanti figli e il più piccolo, Placido, sognava di fare da grande il cantante. Invece diventò cieco e a furia di fumare come un turco nazionali senza filtro ebbe le dita gialle di nicotina. Si lasciò andare e avvolti da nuvole di fumo svanirono anche i suoi sogni. Quando espropriarono le case basse di Paradiso Micia con il marito e i figli “schietti” andò a stare in Via XXIV Maggio in un appartamento della sorella ricca, proprio accanto al figlio maggiore e alla nuora. Quando le prese un ictus cominciò a camminare piano piano e strisciando e passava i pomeriggi davanti alla TV per quelle poche ore di trasmissioni che venivano dedicate ai ragazzi.
Santa abitava vicino a Piazza Castronuovo, con il figlio maggiore e la nuora. Le sorelle Micia e Santa uscivano di casa raramente e solo per andare in casa dei miei nonni materni. Dai Macrì nelle grandi occasioni c’erano sempre un centinaio di persone. Tutte le figlie portavano il loro codazzo di parenti, perché il nonno amava la compagnia e voleva tutta la famiglia riunita. Poi c’erano i rispetti del consuocerato ! Così solo per noi bambini c’era una tavolata ed il divertimento e le schermaglie non mancavano. Raffaele di Santa e Lillo di Micia avevano sposato due sorelle di mia madre.
Il fratello di zia Concetta, aveva sposato Angelina Soraci.
Nunzia aveva sposato uno dei fratelli Macrì e come la zia Concetta non ebbe figli.
Nella nostra famiglia c’era quindi un legame di parentela molto forte. E molto rispetto per la zia Nunzia, consorte del fratello più grande di nonno Angelo. Aveva una voce squillante ed una bellissima pelliccia che noi pronipoti prendevamo di nascosto per giocare alle signore quando lei era sopra a trovare la sorella, per tutti Nonna Micia.
Zia Nunzia aveva anche tantissimi gioielli e alla sua morte ognuno ereditò qualcosa. Io ereditai un ragno a spilla e la mamma un paio di orecchini coi granati.
La zia Concetta per rispetto riflesso era anche mia zia! Ed io che non avevo conosciuto i miei nonni paterni consideravo tali i nonni di tutti i miei cuginetti. Alla zia Concetta volevo proprio tanto bene. Era sempre vestita di nero e portava anche in estate scarpe di pezza perché aveva le “cipolle” ai piedi. Era incurvata dagli anni e piccola di statura. Aveva bellissimi capelli bianchi ingialliti che in gioventù erano stati biondi biondi. Li teneva raccolti in chignon con pettinasse d’avorio o tartaruga. Se usciva di casa aveva sempre un foulard nero.
La ricordo a tutti con tanto affetto e spesso vado a portare dei fiori sulla sua tomba, dove c’è un suo ritratto da giovane. Sempre in giro dai tanti nipoti, se c’era un parto in vista o qualche malattia e- da Paradiso al centro- andava sempre a piedi finché ce la fece. La sua casa, per quanto piccola e buia era tenuta come un brillante ed i pavimenti erano lucidissimi. Quando andavamo a trovarla si arrabbiava, perché correndo e giocando coi giocattoli di Loreto Real, strisciavamo il pavimento. Qualcuno dei miei cuginetti, per dispetto, scartava le caramelle e gettava la carta in qualche pianta di patata americana cresciuta nell’acqua in pesci di porcellana cinese.
Non so perché Loreto si arrabbiasse tanto quando gli toccavano la nave con le ruote. Era questo il suo giocattolo preferito forse. Era una nave con quattro marinai col berretto. C’era un filo a poppa e quando si tirava la nave si muoveva e i marinai giravano la testa e le mani. Noi ci divertivamo tanto lungo il corridoio e la zia era sempre contenta di vederci anche se le lasciavamo le strisce sul pavimento visto che non aveva pattini di pezza per tutti noi. Lei, come tutte le buone massaie, aveva un pavimento lucidato con olio di gomito che ci si poteva specchiare. Noi piccoli ci provavamo a mettere i pattini ma erano troppo grandi e li perdevamo.
Loreto era il nostro grande intrattenimento. Alcuni di noi andavano dalla zia proprio per il pappagallo. Lo stuzzicavano e lui si divertiva tantissimo e quando loro non se ne accorgevano andava a beccar loro la mano o i capelli. Non poteva sopportare l’antipatica cugina Grazia di Genova, pure lei doppia nipote di zia Concetta. Questo perché Micia e Peppina erano sorelle e con suocere!
Don Lillo, il papà di zia Concetta, aveva la barca delle pietre, come Don Placido ma aveva anche il forno vicino quelle che sono oggi dette “Case Basse”, in quella zona che fu distrutta, quando, negli anni 60, fecero la Via Larga. A case basse di sotto c’era anche un giardino con un pozzo che la zia Concetta accudiva con tanto amore e dove andava per innaffiare con quell’acqua i suoi bei fiori.
La’ nacque anche il cosiddetto Lido dei Pazzi, dove nei primi anni della mia infanzia dopo alcune ore al mare andavamo a lavarci prima di tornarcene a casa. Era d’estate una festa quotidiana. Io e la mamma prendevamo l’autobus numero 8 su Corso Cavour di fronte al Palazzo dei telefoni. Una sua sorella lo prendeva coi suoi tre figli a Piazza Antonello e l’altra a Piazza Castronuovo. Che baldoria e che festa in acqua giocando a riva e con la sabbia. Si sgranocchiava qualche pesca liscia e qualche pera, frutti freschi e succosi per avere nuove energie e toglierci di bocca il sapore di sale. All’ora di pranzo venivano a prenderci i nostri papà in macchina ma mai andavamo via da Paradiso senza aver visto la zia ed il suo amato pappagallo.
Loreto aveva già un paio d’anni quando era arrivato in Italia. Voleva molto bene alla zia e sapeva riconoscere la gente. Quando passava Don Peppino col carretto di frutta e verdura era sempre “Mamma c’è Don Pippinu da minestra” e poi Don Lorenzo, il gelataio e Santa, una delle “cugine”. Le cugine erano le figlie del fratello di Zia Concetta.
Quando si entrava dalla zia c’era sempre odore di cera. Ero sempre attirata dalla vetrina dove c’erano anche delle uova di struzzo e il servizio di rosolio. Il tavolo era rotondo e c’era sempre un bel copritavolo con un bel vassoio. Le piante di patate americane erano in vasi appesi alle pareti a forma di pesce, arancione e verde. Nella stanza da letto c’era un bel letto in ferro battuto e dipinto. La zia, cosi piccola e incurvata dormiva in quel lettone con sei materassi di lana. Negli anni della mia adolescenza insieme alle mie cugine, e finchè visse la zia, in estate dovevamo andare in quattro a sbattere i materassi. Non so quante volte lei rimase scontenta perché l’una o l’altra non avevano svolto bene il compito! Erano bellissimi quei materassi bianchi con tanti bottoncini di madreperla. D’estate si metteva la lana al sole qualche giorno e si lavavano le fodere perché il letto fosse comodo e pulito sempre. In camera da letto la zia aveva anche quel mobile con bacile e brocca di porcellana per lavare le mani. Lo guardavo estasiata e mi pareva di essere la signorina Felicita o Sibilla Alleramo quando sognavo di avere un mobile come quello. Ai temi del Liceo la zia Nunzia mi promise che avrei avuto il suo in eredità!. Credetti di toccare il cielo con le mani. Purtroppo i figli di Micia si presero tutto.
La zia Concetta mangiava poco e preferiva le ali quando c’era pollo. Quando poi finì l’epoca dei polli ruspanti lei prese a lamentarsi che le ali non avevano più gusto. Aiutava tutti, correndo a destra e a manca e aiutò una famiglia del vicinato. Quei ragazzini la chiamarono nonna facendola immensamente felice.
La casa di zia Concetta disabitata per anni, e dichiarata poi inabitabile è ora in fase di ristrutturazione. Legata da un profondo affetto a volte mi pare di sentire sul marciapiede la sua voce che mi chiama. Quando tornammo a vivere per sempre a Paradiso la vidi più spesso e ogni giorno, se non veniva lei andavo a trovarla. Seduta dietro la grande porta marrone senza persiane mi aspettava ed era contenta anche se le portavo solo un po’ di frutta.

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