lunedì 20 aprile 2009

Io ho abitato qui.

Via San Giovanni Bosco n 30 is 255B, Messina


Odora di caffè alla turca il ricordo dell’infanzia
e mi portavano lontano i sogni del mattino.
Quando Laganà portava il pane Roma
per me era festa grande mangiarne il caldo
occhietto con olio sale e pepe.
A tavola si era sempre in tanti la sera
e nelle feste con tutto il parentato
nonna e mamma puntuali
a mezzanotte preparavano la cena fredda
per lo zio che mai avvertiva se tornava.
(Lui sempre fuori con gli amici dopo
il matrimonio ha messo le pantofole!)

Qui sognavo gli States e mi dicevo “chissà
se i sogni diventano mai realtà?”
Qui piangevo anche per ingiuste punizioni
facevo i compiti con la compagnia
di trasmissioni radiofoniche
e passavo ore al telefono parlando
di motori, conchiglie e calcio con i
miei amici o vendendo i prodotti
Stanhome alle loro mamme.
La sera poi un sorso d’amaretto
con la nonna prima d’andare a letto!

Flat 2, 19 Blythe Street, Thonbury (Melbourne)

Odora di birra lo schianto sul muro
nel cuore della notte
quando Mr Liston ubriaco fradicio
ammacca il paraurti della macchina
rosa della moglie interrompendo
i miei sogni innocenti
e il vecchio orsachiotto
poi abbraccio per raccontargli storie
di viaggi in isole lontane
dove nel mare turchino
un gruccione si dispiuma
e noci di cocco dissetano
finchè il milkman non suona
il campanello e papà paga il
latte di una settimana e porta in casa
il Daily Telegraph.

Lesile e Bonnie, detta “nanny” stanno
nella casa accanto. Lui mangia il
minestrone della mamma alle cinque
di mattina e la sera gioca a squash.
Lei mangia sempre meat pie al lunch
e fabbrica giocattoli. Quando la conobbi
mi disse che ero “rude” perché non le risposi
subito per entrare in casa e prendere
il vocabolario. Capii che voleva una scala
ma non ce n’era in casa e non sapevo
come dirglielo. Compresi in quel momento
ch’era importante parlare l’inglese.



Lemiux Street, La Salle (Montreal)

Pasta e fagioli mi obbligarono a mangiare
la zia con le lentiggini alle gambe e suo marito
nel freddo inverno del ‘68 quando nel Belice
tante furono le vittime del terremoto.
Vestiti e sciarpe di lana calda faceva la mamma
con la maglia che ci portava Tina.
Fu un inverno freddo freddo, tanta la neve
buona da mangiare fresca e quando lenta
cadeva era come vivere in “Pattini d’argento”.
Parlavo francese coi vicini e pattinavo sulla pista di
ghiaccio fatta nella backyard dal grosso poliziotto.
Le sciarpe gelate per il freddo sembravano armi taglienti
pungeva anche il muco nel naso e i gioiosi pomeriggi
veloci poi finivano con biscotti al marshmellow
arrostiti nel caminetto scoppiettante.


Quante asciugamani in regalo col sapone
per la lavatrice. Sono ancora nuove nel baule
dei ricordi buoni. Pessimo il ricordo invece
della prof di Francese: Murielle St Pierre.
Chissà perché è l’unica prof di cui ricordo
ancora il nome per intero. Era brutta e goffa
con gli occhialini neri e il golf viola prugnato.
Mi diede “zerò” in francese, il primo giorno
di scuola ed avevo ancora il jetlag dopo il
lungo viaggio dall’Australia
in Canada via Fiji e Hawaii!

Del Natale del 67 mi resta oggi
solo una poesia e nulla più.
Andavo a scuola anch’io col bus giallo
con le scritte nere, proprio come nei film americani.
A San Valentino i compagni mi riempiron
di biglietti che io non ricambiai
e cosi mi tolsero il saluto
per me San Valentino era la festa
degli innamorati e non per noi ragazzi.


Viale Antinori 93, Perugia

Odora di lasagne e pollo al forno con insalata
e dolce il ricordo di casa Sartoretto
dove stavo a pensione unica italiana
tra stranieri venuti a Perugia
a imparare l’italiano.
La mia camera a due letti, non
appena io partivo veniva affittata agli stranieri
e papà pagava profumatamente.
Di fronte l’Onaosi
ospitava gli orfani di medici
Tanti giovani tutor la sera al bar da Franco
incontravo quando spesso inutilmente cercavo
di chiamare mamma coi gettoni in teleselezione.
Messina sembrava irraggiungibile
e così lontana la corte discreta di Massimo
Orsini Federici non mi dispiaceva.
La chiesa dell’Elce col suono dolce di
campane accoglieva anche incontri di Rinnovamento.
Alla messa vespertina delle 19 partecipavo anch’io
quando non ero a lezione di Filologia.
Massimo all’angolo abitava e cercava
il mio sorriso quando uscivo.
Una volta lo invitai alla festa che facemmo in casa
in barba al vecchio Sartoretto.
Eleonora ho cresciuto studiando glottologia
e aiutando la mamma sua con Lord Shaftesbury
vidi la Nicoletta laurearsi
prima di Gianni suo marito.
Quanti stranieri in quella casa:
libici, svizzeri, canadesi,
inglesi, americani, indiani,
un putpourri di vita che i miei
orizzonti hanno allargato.



29 Colonial Arms Apts, Chapel Hill


Ora quando torno a casa
all'ora di cena ho solo sette violette
raccolte passeggiando all'ombra
e posso guarnire l'insalata
con pomodoro avocado mais
water chestnuts e la mozzarella
acquistata a Durham e non più fresca
per avere il gusto dell'Italica terra.

La parmigiana é buona
col Fini stravecchio che papà ha mandato
la pasta è fatta in casa
e la crostata con la marmellata
di rabarbaro fa invidia al miglior chef.

Sfilano nella mia mente
i personaggi dell'Inferno
Roman Ingarden e Ronald Reagan
Ludovico Ariosto e James Joyce
trasformati in briciole del mondo
lucenti e mirabili in questo giorno d’aprile.

A cena forse gli amici islandesi
che porteranno il loro pesce secco
e sarà festa grande anche
per il blue-jay che si dispiuma
nel cielo azzurro oltre l’azzurro
in questa strana primavera.



Water chestnut, croccanti castagne d’acqua, cinesi d’importazione
Chapel Hill e Durham città dello Stato della Carolina del Nord, sedi di prestigiosi atenei americani
Blue-jay, passeracei tipici di molti stati americani

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