martedì 10 aprile 2012

Le farfalle, l'olocausto e la poesia

Amo le farfalle e da piccola cercavo sempre di conservarle mettendole dentro un bicchiere capovolto. Le fragili ali immancabilmente si sfaldavano e io piangevo.
Poi lessi una poesia. Era di Pavel Friedmann, un ragazzo morto durante gli anni dell'Olocausto nel campo di Terezin. La lessi in inglese e la tradussi. Quando insegnai a Panarea per due mesi circa feci studiare la shoah in modo approfondito visto che insegnavo Inglese, Italiano, Storia e Geografia. La Farfalla fu un MUST.
Poi venni a sapere che al Museo dell'olocausto si volevano raccogliere le farfalle in ricordo dei bambini vittime dell'Olocausto.
Gisela Schenker aveva un tappo di sughero contenuto in una bellissima farfalla. Era Ebrea di Cracovia e nel 1939 quando con la famiglia tentò di andare verso oriente si portò il prezioso tappo. Fu il suo portafortuna. Lei ed il figlio Alexander arrivarono a Lvov. L'anno dopo furono deportati in Siberia ed il giovane fu costretto ai lavori forzati. Quando furono liberati, madre e figlio riuscirono a trovarsi con la nonna e andarono in Tagikistan prima di riunirsi in America con il resto della famiglia. Ora il Museo dell'Olocausto degli Stati Uniti vende una spilla che è la riproduzione della farfalla del tappo di Gisela. Questo è quello che ho imparato oggi navigando su internet alla ricerca di una preghiera da far leggere ai miei alunni alla cerimonia della Rimembranza dei bambini uccisi a Bullenhuser Damm.
Il cerchio si chiude. Le farfalle per me sono ricordo dolce dell'infanzia e per questo motivo ho scelto di far partecipare gli alunni della scuola al Butterfly Project in memoria delle innocenti vittime dell'Olocausto. Oggi mi rendo conto che sono il tesoro di chi è sopravvissuto agli anni più bui della storia dell'umanità.
E in quante mie poesie esse sono un tema ricorrente!

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