Cara Teresa,
Ho potuto finalmente e in pace, con la dovuta concentrazione disvolgere la matassa dei tuoi versi. Ci voleva questa condizione di libertà attenta e irrelata: le tue poesie non si possono leggere come le altre. Il bello è che danno molto, non esigono niente, ma coinvolgono la vitalità cordiale e l’immaginazione sensuale e affettiva dei tuoi lettori e devono per questo trovare in essi lo spazio e la vacanza per agire al meglio, con la scioltezza e la mobilità che ti sono propri.
Mi pare di essere nel giusto stato di apertura e di ricettività, dunque. E le tue poesie mi portano dentro i tuoi affetti, mi ci portano insieme con la temperatura che ebbero nella tua vita di studio, di raccoglimento, di incontri, ma anche di esili e dislocazioni. Non solo evocate, le circostanze, ma fatte vivere e accadere e messe a disposizione, per così dire, di chi ti legge e ti accompagna idealmente nel tuo cammino.
La tua affabilità fiduciosa opera questo insolito connubio tra la testimonianza di te e della tua vicenda con la ricerca del senso di essa che tu affidi anche ai tuoi lettori, alla loro partecipazione.
Mi piacciono soprattutto codesti momenti – e sono i più frequenti nel tuo canzoniere- dove tu, anziché arroccarti in una conclusione, lasci la porta aperta alla libera interlocuzione mentale degli altri che si immedesimano con te. Questo lo ritengo un risultato importante, un acquisto di spessore umano e poetico a cui hanno contribuito, oltre alla tua gentile natura e mitezza d’animo, anche la seduzione del visibile che appare e traspare tra le tue parole e la mutevolezza dello scenario. In cui vanno e vengono, s’incidono significativamente volti e paesaggi – ne hai da fissare nel loro essere e nel loro essere stati in questo universo che frattanto continua per te nella sua meraviglia e nella sua grata affezione.
E va bene, Teresa, “Solo un quadrifoglio di primavera
ho trattenuto
dal mio vagabondare in USA
così che un giorno
io vi possa incidere
che a squarciagola
cantarono per me i blue-jay
che verde era
il bosco dove pasai io.
Quel quadrifoglio li significa bene e delicatamente il presente e il futuro. Che io auguro vivo e fervido per te e per la tua poesia.
Un abbraccio, Mario
Ho potuto finalmente e in pace, con la dovuta concentrazione disvolgere la matassa dei tuoi versi. Ci voleva questa condizione di libertà attenta e irrelata: le tue poesie non si possono leggere come le altre. Il bello è che danno molto, non esigono niente, ma coinvolgono la vitalità cordiale e l’immaginazione sensuale e affettiva dei tuoi lettori e devono per questo trovare in essi lo spazio e la vacanza per agire al meglio, con la scioltezza e la mobilità che ti sono propri.
Mi pare di essere nel giusto stato di apertura e di ricettività, dunque. E le tue poesie mi portano dentro i tuoi affetti, mi ci portano insieme con la temperatura che ebbero nella tua vita di studio, di raccoglimento, di incontri, ma anche di esili e dislocazioni. Non solo evocate, le circostanze, ma fatte vivere e accadere e messe a disposizione, per così dire, di chi ti legge e ti accompagna idealmente nel tuo cammino.
La tua affabilità fiduciosa opera questo insolito connubio tra la testimonianza di te e della tua vicenda con la ricerca del senso di essa che tu affidi anche ai tuoi lettori, alla loro partecipazione.
Mi piacciono soprattutto codesti momenti – e sono i più frequenti nel tuo canzoniere- dove tu, anziché arroccarti in una conclusione, lasci la porta aperta alla libera interlocuzione mentale degli altri che si immedesimano con te. Questo lo ritengo un risultato importante, un acquisto di spessore umano e poetico a cui hanno contribuito, oltre alla tua gentile natura e mitezza d’animo, anche la seduzione del visibile che appare e traspare tra le tue parole e la mutevolezza dello scenario. In cui vanno e vengono, s’incidono significativamente volti e paesaggi – ne hai da fissare nel loro essere e nel loro essere stati in questo universo che frattanto continua per te nella sua meraviglia e nella sua grata affezione.
E va bene, Teresa, “Solo un quadrifoglio di primavera
ho trattenuto
dal mio vagabondare in USA
così che un giorno
io vi possa incidere
che a squarciagola
cantarono per me i blue-jay
che verde era
il bosco dove pasai io.
Quel quadrifoglio li significa bene e delicatamente il presente e il futuro. Che io auguro vivo e fervido per te e per la tua poesia.
Un abbraccio, Mario
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