Il terremoto di cui parli
quelle frane che tu studi
tra fango e sterpi rischiando
spesso la vita risuonano
d’intensità nelle mie orecchie
che ricordano macerie
polvere e sangue viscerali.
Rimbomba lo sfacelo
crollano le profondità
e ruggendo il mare
travolge strade e palazzi
dal primordiale fondale.
Grida, sangue, macerie
freddo, dolore, paura
strappando la vita
riempiono registri
di nomi e di date
nomi senza volto
date sorde al richiamo
della sofferenza e
della primordiale innocenza.
Nella notte eterna
s’acquieta il campanile
e la voce del vecchio
recisa dal freddo dolore
si confonde col vento ululante.
Di lui nessuno più narra
avventure lontane e il rantolo
entra nell’oltretomba sfogliando
l’invisibile calendario e
ritrovando la sua solitudine.
Questa poesia scritta ad Amherst negli anni in cui vivevo là fa parte del volume Blue-jay e quadrifogli pubblicato da Parentesi
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